La Cassazione fa il punto sull’interpretazione dell'art. 3 della L. 218/95 in tema di giurisdizione. - Studio Legale Turci

La Cassazione fa il punto sull’interpretazione dell’art. 3 della L. 218/95 in tema di giurisdizione.

In una recentissima decisione (Cass. 25.6.2021 n. 18299) la Suprema Corte affronta il delicato tema di come interpretare il rinvio operato dall’art. 3, secondo comma della L.218/95  alla Convenzione concernente la giurisdizione e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la L. 21 giugno 1971, n. 804, a fronte della loro avvenuta sostituzione, salve limitatissime ipotesi, ad opera del Regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000  e, successivamente, del Regolamento (UE) del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012, n. 1215 (abrogativo del precedente regolamento ed applicabile, salvo alcune sue disposizioni, a decorrere dal 10 gennaio 2015).

Com’è noto, l’art. 3, secondo comma della L. 218/95 prevede che la giurisdizione italiana, oltre che nei casi di cui al primo comma della stessa disposizione, collegati al domicilio o alla residenza in Italia del convenuto, o all’esistenza di un suo rappresentante ex art. 77 c.p.c., o comunque previsti dalla legge, sussiste in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione di Bruxelles del 1968, e sue successive modificazioni, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente della medesima, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione.

Successivamente, sono intervenuti l’art. 68 del Regolamento 44/2001 e, poi, l’art. 68 del Regolamento 1215/2012, con i quali si è stabilito che le disposizioni della Convenzione di Bruxelles del 1968 vengono sostituite, tra gli Stati membri dell’Unione europea, dal rispettivo regolamento e che ogni riferimento a tale Convenzione si intende fatto al regolamento stesso.

La Suprema Corte ha, quindi, valutato che ciò abbia dato luogo ad una modificazione, in vigore per l’Italia, della Convenzione di Bruxelles del 1968, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 3, comma due della L. 218/95.

Del resto, la Cassazione osserva come la Corte di Giustizia dell’Unione europea abbia chiarito che il Regolamento n. 1215/2012 ha abrogato e sostituito il Regolamento n. 44/2001 che aveva, a sua volta, sostituito la Convenzione di Bruxelles del 1968 (salve limitatissime ipotesi), sicché l’interpretazione fornita dalla CGUE circa le disposizioni di questi ultimi strumenti giuridici vale anche per il regolamento n. 1215/2012 quando tali disposizioni possono essere qualificate come “equivalenti” (cfr. da ultimo CGUE 3 settembre 2020, in causa C-1869 .

Mentre il Regolamento trova diretta applicazione quando la vicenda rientra nel suo campo di applicazione, quando il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato membro è la legge del foro adito a dover determinare la sussistenza o meno della giurisdizione e, per l’Italia, tale funzione è appunto svolta dalla L. 218/95, la quale ha per così dire nazionalizzato la disciplina comunitaria (costituita, in origine, dalla Convenzione di Bruxelles del 1968 e oggi, a seguito delle modifiche intervenute, dal Regolamento n. 1215/2012).

Pertanto, secondo la Suprema Corte se la controversia attiene a materie comprese nella Convenzione di Bruxelles (e successive modifiche contenute nei Regolamenti n. 44/2001 e n. 1215/2012), la sussistenza della giurisdizione italiana rispetto ad un convenuto domiciliato in uno Stato non membro dell’Unione europea va comunque accertata in base ai criteri previsti dalla disciplina unionale, non ex proprio vigore, ma in virtù del rinvio che la legge italiana fa ad essa.  Restano ovviamente comunque salvi gli ulteriori criteri di giurisdizione previsti dalla stessa L. 218/95 rispetto ai convenuti non domiciliati nell’Unione europea.

Sembra, quindi, trovare ormai pieno accoglimento l’orientamento che era già stato affermato da alcune precedenti decisioni della Suprema Corte (Cass. 2019, n. 15748; Cass. 2018, n. 32362; Cass. 2013, n. 4211; Cass. 2009, n. 22239), il quale ha senza dubbio il pregio di semplificare la disciplina internazionalprivatistica italiana in tema di giurisdizione, di fatto equiparando i convenuti domiciliati in Stati non membri a quelli degli Stati membri.

Questa soluzione riduce altresì, per lo meno per quanto concerne i criteri di giurisdizione, le conseguenze dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, in quanto ai convenuti domiciliati in tale Stato (non più membro) continueranno ad applicarsi i criteri di giurisdizione previsti, oggi, dal Regolamento 1215/2012, per effetto del rinvio di cui all’art. 3, comma due della L. 218/95, e salva l’applicazione delle ulteriori disposizioni in materia della stessa legge.

Prof. Avv. Pierangelo Celle

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