In tema di demolizione di navi battenti bandiera italiana un porto non vale l'altro. - Studio Legale Turci

In tema di demolizione di navi battenti bandiera italiana un porto non vale l’altro.

Il tema della demolizione delle navi in modo ecosostenibile, noto anche con il nome di “ship recycling”, è attualissimo in quanto il mercato, anche su pressione della comunità internazionale,  si trova in un momento di transizione tecnologica che spinge gli armatori a dotarsi di navi più moderne e meno inquinanti. Da questa esigenza nasce il problema del trattamento delle navi “a fine carriera”.

La comunità internazionale, sotto l’egida di IMO (International Maritime Organization) ed ILO (International Labour Organization), ha adottato in materia la Convenzione di Hong Kong del 2009 il cui obiettivo era proprio quello di combattere il fenomeno della demolizione illegale. Sebbene ad oggi questa convenzione non ha raggiunto un numero sufficiente di ratifiche da farla entrare in vigore- anche l’Italia risulta assente –  in materia è intervenuta l’Unione europea.

Il regolamento (UE) N. 1257/2013 nasce proprio per promuovere la citata Convenzione di Hong Kong e quindi per “prevenire, ridurre, minimiz­zare nonché, nella misura del possibile, eliminare gli incidenti, le lesioni e altri effetti negativi per la salute umana e per l’am­biente causati dal riciclaggio delle navi. Scopo del presente re­golamento è rafforzare la sicurezza, la protezione della salute umana e la tutela dell’ambiente marino dell’Unione durante l’intero ciclo di vita della nave, in particolare al fine di assicurare che i rifiuti pericolosi provenienti da tale riciclaggio delle navi siano soggetti ad una gestione compatibile con l’ambiente” (art 1 reg).

Il regolamento prevede specifici obblighi per l’armatore e per il gestore dell’impianto di riciclaggio delle navi, ma vi è di più: l’art. 15 prevede che anche il gestore dell’impianto di riciclaggio di un Paese terzo che intenda smaltire navi battenti bandiera dell’Unione europea sia obbligato a presentare un’apposita richiesta alla Commissione di inserire il proprio impianto nell’elenco europeo degli impianti certificati. In sostanza l’imprenditore del Paese terzo è soggetto agli stessi obblighi di quello europeo, garantendo così che ogni nave europea sia smaltita nel rispetto delle regole di sicurezza per i lavoratori e per l’ambiente vigenti nell’Unione.

L’armatore europeo è pertanto obbligato ad avvalersi solo di impianti di riciclaggio delle navi certificati dalla Commissione europea.

Nella giornata di ieri la Guardia Costiera di Genova ha reso noto di avere, per la prima volta in Italia,  provveduto ad emettere una sanzione per un’armatore che ha utilizzato un cantiere di un Paese terzo (nel caso di specie la Turchia) che non era certificato per smaltire una nave battente bandiera italiana.

La Guardia Costiera ha specificato di ritenere la lotta allo ship recycling illegale un fronte aperto e che si trova in prima linea per fronteggiarlo, in applicazione del regolamento europeo.

Avv. Marco Turci 

Dott. Guglielmo Bonacchi

 

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