Onere probatorio in materia di assicurazione contro i danni - Studio Legale Turci

Onere probatorio in materia di assicurazione contro i danni

Il Tribunale di Milano è stato chiamato a pronunciarsi sulla ripartizione dell’onere probatorio in capo all’Assicurato e all’Assicuratore nel contratto di assicurazione contro i danni.

La vicenda sottoposta al Giudice di merito riguardava il caso di una Cooperativa di lavoratori che conveniva in giudizio la compagnia assicurativa con cui aveva stipulato il contratto di assicurazione al fine di ottenere, a titolo di indennizzo, la somma versata al soggetto danneggiato, nella specie un Terminal, a seguito del verificarsi di danni a diverse autovetture affidate alla Cooperativa durante le operazioni di imbarco e sbarco.

Secondo la prospettazione attorea si sarebbe trattato di un sinistro rientrante nella copertura assicurativa, laddove la polizza assicurativa stipulata tra le parti garantiva la copertura dei rischi occasionati “nell’esercizio delle attività esplicate nell’ambito del porto e consistenti in operazioni di carico e scarico merci e cose di terzi, su e da natanti, carri ferroviari e da altri mezzi di trasporto in genere con impiego di impianti di sollevamento gru, ponti elevatori ed altre attrezzature sia di proprietà della contraente che di terzi, nonché il rischio derivante dal funzionamento delle macchine operatrici operanti nell’ambito del sistema portuale”.

Parte convenuta per contro resisteva alle pretese avversarie contestando l’operatività della polizza per mancata dimostrazione, da parte dell’attore/assicurato, della riconducibilità dei sinistri alla garanzia assicurativa non essendo state dimostrate né le date dei sinistri, né la dinamica, né il nesso di causalità tra il comportamento colposo e i danni lamentati.

Investito della questione, il Tribunale di Milano prima di definire il merito della vicenda in oggetto, ha ripercorso brevemente l’iter seguito dalla giurisprudenza di legittimità in tema di ripartizione dell’onere probatorio in materia di assicurazione contro i danni.

Il Giudice di merito ha dapprima ribadito il principio secondo cui “in tema di assicurazione contro i danni, il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennizzo consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, essendo pertanto onere dell’assicurato dimostrare che si è verificato un rischio coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui reclama il ristoro, analogo onere probatorio incombendo sull’assicurato con riferimento agli elementi temporali e spaziali della garanzia” ( cfr. Cass., 8/1/1987, n. 17; Cass., 4/3/1978, n. 1081; Cass., 17/5/1997, n. 4426).

Secondo tale impostazione qualora l’assicuratore convenuto per il pagamento dell’indennità deduca che la garanzia assicurativa non opera, ricorrendo una ipotesi di esclusione, propone un’eccezione in senso improprio e in quanto tale altro non fa che contestare il fatto costitutivo della domanda, con la conseguenza che non si assume alcun onere probatorio, lasciando immutato l’onere probatorio a carico della parte attrice, che è tenuta a dimostrare il fatto costitutivo della domanda in tutta la sua estensione. (Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 6108 del 20/03/2006).

Il Tribunale milanese ha poi evidenziato come la Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1558 del 23.1.2018, in tema di ripartizione dell’onere probatorio, abbia fornito ulteriori precisazioni con specifico riguardo alle diverse categorie di rischio che delimitano, attraverso patti di vario genere, l’indennizzabilità dei sinistri.

In particolare la Suprema Corte  ha sottolineato come, nell’ipotesi in cui l’evento verificatosi rientri tra quei rischi denominati “rischi non compresi” (ovvero astrattamente rientranti nella generale previsione contrattuale, ma esclusi per espressa pattuizione delle parti) è onere dell’Assicuratore dimostrare che, pur essendosi verificato il rischio contrattualmente pattuito, questo rientri tra quelli non compresi a causa dell’esistenza di una delle circostanze di non indennizzabilità previste dal contratto.

La Corte di Cassazione ha infatti così statuito: “(..) è noto tuttavia come il rischio previsto nel contratto di assicurazione sia di norma un rischio delimitato, attraverso patti di vario genere che circoscrivono, a seconda delle volontà delle parti e del premio pagato, l’indennizzabilità ai sinistri derivanti da determinate cause, ovvero ai sinistri consistiti in determinati eventi, od ancora ai sinistri che abbiano prodotto determinati effetti. Per effetto dell’inserimento nel contratto di assicurazione di queste clausole di delimitazione del rischio, gli effetti avversi cui l’assicurato è teoricamente esposto possono essere classificati in tre categorie: (a) i rischi inclusi; (b) i rischi esclusi; (c) i rischi non compresi. I rischi inclusi sono quelli per i quali il contratto accorda all’assicurato il pagamento dell’indennizzo. I rischi esclusi sono quelli del tutto estranei al contratto (ad es., il rischio di infortuni rispetto ad una polizza che copra la responsabilità civile). I rischi non compresi sono invece quelli che astrattamente rientrerebbero nella generale previsione contrattuale, ma l’indennizzabilità dei quali è esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio (ad esempio, in un contratto di assicurazione contro i danni da incendio, si esclude l’indennizzabilità degli incendi provocati dal fulmine). La distinzione appena riassunta, risalente e condivisa da sapiente dottrina, riverbera effetti sul piano del riparto dell’onere della prova. La circostanza che l’evento dannoso rientri tra i “rischi inclusi” è fatto costitutivo della pretesa, e va provata dall’assicurato. La circostanza che l’evento verificatosi rientri fra i rischi “non compresi” costituisce invece un fatto impeditivo della pretesa attorea, e va provato dall’assicuratore. Tale circostanza infatti non rappresenta un fatto costitutivo della domanda, ma un fatto costitutivo dell’eccezione di non indennizzabilità, e come tale deve essere dimostrato da chi quell’eccezione intenda sollevare”.

La domanda attorea è stata quindi respinta, non essendo stata provata la riconducibilità del danno ad uno dei rischi assicurati.

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