Chi è tenuto al pagamento del compenso di soccorso? - Studio Legale Turci

Chi è tenuto al pagamento del compenso di soccorso?

Con una recentissima ed importante decisione (Cass. 13 marzo 2020 n. 7149) la Suprema Corte affronta il tema dell’identificazione del soggetto debitore del compenso di soccorso di nave.

La vicenda trova origine nell’attività prestata da due rimorchiatori in occasione di un incendio che colpì una nave di linea.  I soccorritori, avendo le operazioni avuto utile risultato per la nave e il suo carico, chiedono all’armatore della stessa il pagamento del compenso dovuto in forza della Convenzione internazionale di Londra del 28 aprile 1989 sul soccorso in mare, ratificata e resa esecutiva in Italia con la L. 12 aprile 1995, n. 129 in vigore dal 14 luglio 1996.

Tra le varie questioni sottoposte all’esame della Cassazione spicca quella relativa ad un tema assai dibattuto nella dottrina italiana, ossia quello dell’esatta identificazione del soggetto debitore del compenso di soccorso che risulti essere dovuto ai salvatori in base alla predetta disciplina.

Al riguardo, va osservato che la prevalente giurisprudenza italiana anteriore all’entrata in vigore della Convenzione (da ultimo, Cass. 9 settembre 1996 n. 8167) aveva affermato come in caso di soccorso l’armatore della nave salvata sia debitore per l’intero ammontare della remunerazione relativa al soccorso prestato alla nave e al carico.  Pertanto, soltanto l’armatore  può essere escusso, direttamente e immediatamente, per tale ammontare, restando invece esclusa la solidarietà per gli interessati alle merci, che rispondono solo per la loro quota.

L’art. 13, par. 2 della Convenzione, peraltro, dopo aver posto la regola per cui il versamento di un compenso di soccorso stabilito in base alla disciplina da essa dettata deve essere effettuato da tutte le parti interessate alla nave e agli altri beni tratti in salvo, in proporzione del rispettivo valore (configurando perciò un’obbligazione parziaria), aggiunge che “uno Stato Parte può tuttavia prevedere, nella sua legislazione interna, che il versamento del compenso venga effettuato da una delle parti interessate, restando fermo che tale parte ha un diritto di regresso nei confronti delle altre parti per ciò che concerne la loro rispettiva quota”.

La Cassazione, nell’interpretare tale disposizione, afferma che il rinvio della Convenzione alla legislazione interna include anche disposizioni già esistenti nella stessa, volendosi con esso rispettare i diversi principi previsti nei singoli ordinamenti degli Stati aderenti in punto di configurazione del lato passivo dell’obbligazione avente ad oggetto il compenso di soccorso, anche in assenza di una specifica riserva all’atto della ratifica. Pertanto, se la controversia si svolge davanti al giudice italiano, alle vicende cui trova applicazione la nuova Convenzione del 1989 la questione della natura parziaria o solidale dell’obbligazione va risolta in base alla legge italiana, in punto non modificata.

La Corte ritiene poi di dover dare continuità all’orientamento espresso dalla propria precedente giurisprudenza nel vigore del precedente regime, affermando che, nell’ordinamento italiano, in tema di compenso dovuto ai soccorritori per il soccorso all’intera spedizione, l’armatore – stante il ruolo istituzionalmente rivestito, anche alla luce degli artt. 491, 492, 274, 302 e 312 c.n. – risponde quale “obbligato principale” nei confronti dei soccorritori: in via esclusiva, per la componente del compenso correlata al soccorso della nave; in solido con ciascuno dei condebitori aventi diritto al carico, per la componente del compenso a questo correlata. Resta esclusa la solidarietà tra i diversi interessati al carico, attesa l’indipendenza e la non comunicabilità delle loro rispettive posizioni.

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