Opponibilità del giudicato di condanna del danneggiante alla compagnia assicuratrice. - Studio Legale Turci

Opponibilità del giudicato di condanna del danneggiante alla compagnia assicuratrice.

Con una recente pronuncia la Corte di Cassazione (Cass. Civ. Sez. III Civ. sentenza 9.7.2019 n. 18325) ha messo un punto forse definitivo a un contrasto giurisprudenziale che risaliva sin dal lontano 1963.

Un primo orientamento escludeva che il danneggiato potesse opporre all’assicuratore il giudicato di condanna del danneggiante (così Cass. 29 ottobre 1963, n. 2859 e da ultimo Cass. 18 maggio 2011, n. 10919); mentre secondo il diverso orientamento  maggioritario era ammessa l’opponibilità – tanto da parte dell’assicurato-danneggiante, che chieda all’assicuratore di esser tenuto indenne, quanto da parte del danneggiato, che svolga azione diretta nei confronti della compagnia assicurativa del primo – del giudicato di condanna ottenuto dal danneggiato nei confronti del danneggiante in un procedimento al quale l’assicuratore fosse rimasto estraneo (da ultimo (cfr. Cass. 20 febbraio 2013, n. 4241; 31 gennaio 2012, n. 1359).

Tale ultimo orientamento trovava le proprie fondamenta nel principio dell’efficacia riflessa del giudicato o teoria del giudicato riflesso, in base al quale il giudicato sarebbe immediatamente efficace non solo nei confronti delle parti, dei loro eredi e aventi causa – secondo il disposto di cui all’art. 2909 c.c. – ma altresì, indirettamente, nei confronti di tutti quei soggetti che, pur estranei al processo, siano titolari di un diritto dipendente subordinato al rapporto principale definito con la suddetta sentenza

Presupposto per l’efficacia riflessa del giudicato è dunque il nesso di pregiudizialità-dipendenza sussistente fra i due distinti rapporti giuridici di talché il giudicato formatosi sul rapporto principale (c.d. rapporto pregiudicante – nella specie la sentenza di condanna con cui nel procedimento tra danneggiato e danneggiante viene accertata la responsabilità di quest’ultimo) produrrebbe effetti anche sul rapporto subordinato (c.d. rapporto pregiudicato – nella specie il rapporto tra danneggiante – assicurato e la sua compagnia di assicurazione).

Richiamando tale principio, la stessa Suprema Corte era, ad esempio, giunta ad ammettere che la condanna al risarcimento del danno emessa nei confronti del responsabile di un sinistro stradale spiegasse effetto anche nei confronti del suo assicuratore RCA, posto che quest’ultimo non sarebbe titolare di una posizione autonoma rispetto al rapporto cui si riferisce la sentenza bensì di una situazione giuridica dipendente dalla situazione definita e dunque non potrebbe disconoscere l’accertamento effettuato dal giudicante nell’ambito del rapporto pregiudicante.

Proprio da tale fattispecie la più recente decisione della Suprema Corte muove i passi per smentire l’orientamento maggioritario, che viene criticato sotto un duplice profilo: uno di ordine costituzionale e l’altro di ordine sistematico, relativo all’inquadramento del rapporto sussistente tra assicuratore, assicurato e danneggiato.

Il Collegio ricostruisce innanzitutto il rapporto tra assicuratore e assicurato riconducendolo alla solidarietà atipica ad interesse unisoggettivo, nell’ambito della quale il debito aquiliano dell’assicurato discende ex delicto ed è illimitato mentre quello indennitario dell’assicuratore, coobbligato in solido con il primo, deriva ex lege e trova un limite nella capienza del massimale.

Dall’inquadramento del rapporto assicurato/assicuratore nell’ambito delle obbligazioni solidali la Corte fa discendere l’applicabilità dell’art. 1306 c.c., per cui il giudicato pronunciato tra il creditore (il danneggiato) e uno de debitori in solido (il danneggiante-assicurato) non produce effetti contro gli altri debitori solidali, e dunque contro l’assicuratore.

Se tale qualificazione è sufficiente per escludere che il danneggiato, in sede di azione diretta, possa opporre all’assicuratore la sentenza di condanna del danneggiante, essa non risolve la questione del se tale sentenza possa essere opposta alla compagnia assicurativa dal danneggiante che chieda di essere manlevato in forza del rapporto assicurativo degli effetti della condanna subita.

Per rispondere al problema la Suprema Corte richiama i criteri di ragionevolezza e di coerenza del diritto (giacché non sarebbe ragionevole un trattamento non uniforme dell’assicuratore a seconda che l’azione nei suoi confronti venga promossa dal danneggiato in sede di azione diretta ovvero dal danneggiante) ma, soprattutto, ponendo l’accento sui principi costituzionali che impongono la tutela del diritto di difesa del terzo (art. 24 Cost.) e il principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost.

Sotto il profilo della coerenza normativa la Corte richiama 3 istituti ovvero (i) la chiamata in causa del garantito ex art. 106 c.p.c., al fine di rendere opponibile al garante il giudicato sul diritto pregiudiziale di cui alla domanda attorea; (ii) il litisconsorzio necessario processuale sopravvenuto in fase di appello, che impone all’attore rimasto soccombente in primo grado di proporre l’impugnazione anche nei confronti del garante, affinché l’eventuale riforma della sentenza possa spiegare effetti anche nei confronti di quest’ultimo; e infine (iii) il litisconsorzio necessario con il responsabile del danno quando sia promossa azione diretta nei confronti dell’assicuratore, di cui all’art. 144 cod. ass.

Tali istituti sarebbero radicalmente incompatibili con un istituto quale quello dell’efficacia riflessa del giudicato che consentisse, in ragione del rapporto di pregiudizialità-dipendenza dei due rapporti, di opporre il giudicato all’assicuratore rimasto terzo rispetto al giudizio di responsabilità tra pendente tra danneggiato e danneggiante.

Altrettanto incompatibile sarebbe il rispetto del principio del diritto alla difesa e al giusto processo  di cui agli artt. 24 e 111 comma 4 Cost. con un istituto a mezzo del quale il fatto costitutivo della domanda possa venir accertato in modo definitivo senza il contraddittorio del soggetto contro il quale il giudicato venga opposto.

Né trovano rilevanza considerazioni relative alla necessità di tutelare la coerenza degli accertamenti giurisdizionali, evitando conflitti di giudicati che potenzialmente potrebbero proporsi qualora il giudicante tenuto a decidere sulla domanda proposta dal danneggiante nei confronti del proprio assicuratore r.c. non condivida le conclusioni del giudice che ha accertato la responsabilità del primo nel giudizio proposto nei suoi confronti dal danneggiato.

A tal riguardo la Suprema Corte sottolinea come il legislatore abbia positivizzato le ipotesi in cui l’efficacia del giudicato possa estendersi a terzi, per cui al di fuori da tali ipotesi il giudicato non ha effetto sui terzi.

Tuttavia, a scongiurare o quantomeno a limitare il possibile rischio di giudicati contrastanti, la Corte ammette che l’attore – sia esso il danneggiato che promuova l’azione diretta ovvero il danneggiante che agisca nei confronti del proprio assicuratore – possano avvalersi del giudizio relativo al rapporto pregiudicante quale prova documentale, al pari delle altre prove dedotte dalle parti.

Le argomentazioni sopra esposte portano dunque la Suprema Corte a enunciare il seguente principio di diritto: “Il giudicato di condanna del danneggiante non può essere opposto dal danneggiato che agisca in giudizio nei confronti dell’assicuratore in assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti e ha in tale giudizio esclusivamente efficacia di prova documentale, al pari delle prove acquisite nel processo in cui il giudicato si è formato”.

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