La posizione nella procedura fallimentare dei titolari di diritti reali sui beni del terzo datore di ipoteca fallito. - Studio Legale Turci

La posizione nella procedura fallimentare dei titolari di diritti reali sui beni del terzo datore di ipoteca fallito.

Con una recente pronuncia la Corte di Cassazione cerca di risolvere il contrasto giurisprudenziale venutosi a creare in ordine al trattamento, nell’ambito della procedura fallimentare, dei  soggetti  titolari di un’ipoteca prestata dal fallito a garanzia di un debito altrui (c.d. terzo datore di ipoteca).

Se pare indubbio che questi ultimi abbiano interesse a intervenire nella procedura concorsuale – e in particolare alla ripartizione dell’attivo – per salvaguardare la propria garanzia, rimangono incerte le modalità con le quali essi possano accedere alla suddetta procedura laddove, in particolare, le norme dettate per l’ammissione al passivo fallimentare presuppongono l’esistenza di un credito nei confronti del fallito di cui gli stessi non sono ovviamente titolari.

In particolare il quesito su cui il Collegio è chiamato a rispondere riguarda la possibilità che tali soggetti possano esser ammessi al passivo fallimentare, al pari dei creditori concorsuali.

Nel periodo ante riforma D. Lgs n. 5/2006 l’orientamento maggioritario (cfr. Cass. n. 13289 del 2012) escludeva che il titolare di ipoteca su beni del fallito, ma non creditore di quest’ultimo, potesse essere ammesso al passivo al pari dei creditori del fallito, in quanto:

  1. l’art. 52 L. Fall. specificava come il fallimento aprisse il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito:
  2. l’art. 103 L. Fall. limitava le domande di rivendicazione, restituzione e separazione alle sole cose mobili nel patrimonio del fallito, escludendo dunque la possibilità di esercitare analoghe domande relativamente ai beni immobili del fallito;
  3. l’art. 108, comma 4, L. Fall., distingueva espressamente i “creditori ammessi al passivo con diritto di prelazione”  dai “creditori ipotecari iscritti“.

Tale orientamento ha trovato conferma anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 5/2016 e la modifica dell’art. 52 L. Fall.  che, nella nuova formulazione, attrae nella competenza del Giudice Fallimentare l’accertamento di “ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare”.

La giurisprudenza successiva (cfr. Cass. n. 2540 del 2016) ha, infatti, confermato la preclusione dei soggetti titolari di diritti di garanzia dalla procedura di  ammissione al passivo, escludendo che l’accertamento dei diritti di cui al secondo comma dell’art. 52 L. F. potesse estendersi ai diritti reali di garanzia costituiti dal terzo non debitore e osservando in ogni caso come  l’accertamento di tali diritti non possa essere sottoposto alle regole del concorso, senza che sia instaurato il contraddittorio con la parte che si assume essere debitrice, dovendosi essi avvalere, per la realizzazione dei loro diritti in sede esecutiva, delle modalità di cui agli artt. 602-604 c.p.c. in tema di espropriazione contro il terzo proprietario.  .

Più di recente, invece, la Cassazione, si è discostata da tale orientamento,  riconoscendo il diritto  dei terzi titolari di ipoteca ma non creditori del fallito a partecipare alla fase di formazione dello stato passivo (cfr. Cass. Nn. 2657 del 2019).

Anche tale pronuncia pone le sue fondamenta dalla rilettura delle modifiche introdotte dal D.lgs. 5/2006, e precisamente:

  • l’inclusione nell’ambito dell’accertamento di cui all’art. 52, comma 2 di “ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare“;
  • l’eliminazione del riferimento ai soli beni mobili, per le domande di rivendica, restituzione e separazione di cui all’art. 103;
  • l’eliminazione dell’avviso della vendita ai creditori iscritti, di cui all’art. 108
  • l’estensione dell’avviso di cui all’art. 92 ai “titolari di diritti reali o personali su beni mobili o immobili di proprietà o in possesso del fallito” che dunque “possono partecipare al concorso trasmettendo domanda con le modalità indicate nell’articolo seguente”, ovvero mediante la domanda di ammissione al passivo di cui all’art. 93.

Enunciate le tesi contrapposte e vagliate le rispettive argomentazioni, la Suprema Corte nella decisione in rassegna ritiene di  aderire all’orientamento maggioritario volto a escludere l’ammissione al passivo dei titolari di diritti reali su beni del fallito non creditori di quest’ultimo. La Corte, in particolare, rileva come:

  1. il mero titolare di prelazione non riveste la qualifica di creditore (del fallito);
  2. l’ 103 L. Fall. pur estendendo il proprio ambito di applicazione ai beni immobili non contiene oggi l’espresso riferimento alla domanda di separazione, che, viceversa, dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie;
  3. l’ 92 L. Fall. non impone espressamente al curatore di avvisare il titolare di prelazione sui beni del fallito;
  4. l’avviso di cui all’art. 107, comma 3, ha la funzione di consentire al terzo garantito di avere notizia del fallimento e di intervenire in sede di riparto;
  1. in assenza di contraddittorio con il terzo debitore garantito si correrebbe il rischio di ammettere al concorso prima e di soddisfare poi un credito inesistente, giacché solo tramite il suddetto contraddittorio il curatore può svolgere le contestazioni concernenti l’esistenza e l’entità del credito oggetto di garanzia:
  2. Tra gli obbiettivi e i principi enunciati nella 19 ottobre 2017, n. 155 (Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d’impresa) ricorre la necessità di  “chiarire le modalità di verifica dei diritti vantati su beni del debitore che sia costituito terzo datore di ipoteca“.
  3. In tale prospettiva Il Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, art. 201(Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”) prevede che “Le domande di ammissione al passivo di un credito o di restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili compresi nella procedura, nonché le domande di partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione di beni compresi nella procedura ipotecati a garanzia di debiti altrui, si propongono con ricorso da trasmettere a norma del comma 2, almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo“.
  4. il creditore di soggetto diverso dal fallito, verso cui vanta la garanzia è dunque tenuto a presentare esclusivamente domanda di partecipazione al riparto nella quale dovrà essere determinato “l’ammontare del credito per il quale si intende partecipare” (art. 201, comma 3, lett. b), del menzionato C.C.I.);
  5. ed invero la Relazione illustrativa ai decreti delegati in attuazione della L.  n. 155 del 2017 precisa come “non si è ritenuto di esercitare la delega in relazione al criterio relativo all’art. 9 (rectius: 7, Ndr), comma 8, lett. f) in quanto quella esigenza di chiarimenti è venuta meno con il consolidarsi della condivisibile giurisprudenza della Suprema Corte,” ivi aderendo ai principi resi di cui alla pronuncia 2540/2016. (cfr. pag. 105-106).

Il Collegio richiama dunque il principio di diritto espresso dalla Corte nella pronuncia n. 2540/2016 in base al quale i titolari di diritti reali sugli immobili del fallito costituiti in garanzia dei crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, “non possono avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo, di cui al capo V della legge fallimentare, in quanto il terzo non è creditore diretto del fallito e l’accertamento dei suoi diritti non può essere sottoposto alle regole del concorso, senza che sia instaurato il contraddittorio con la parte che si assume essere sua debitrice, dovendosi essi avvalere, per la realizzazione dei loro diritti in sede esecutiva, delle modalità di cui agli artt. 602-604 c.p.c. in tema di espropriazione contro il terzo proprietario“.

In conclusione, alla luce dei principi espressi dalla Corte e delle modifiche introdotte in attuazione della Legge Delega n. 19 ottobre 2017 n. 155, chi intende far valere un diritto reale su un bene immobile del fallito concesso a garanzia di un debito altrui dovrà – almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo – proporre con ricorso contenente la domanda di partecipazione al riparto nei modi e nelle forma di cui all’art. 201 de D. Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, indicando in particolare l’ammontare del credito  per il quale si intende partecipare al riparto.

Né la Corte né la nuova disciplina, peraltro, chiariscono cosa accada qualora il credito per il quale è stata concessa la garanzia non fosse ancora esigibile ovvero risultasse contestato dal debitore. E’ ipotizzabile che in tali ipotesi trovi applicazione il comma 7 dell’art. 201, ai sensi del quale il terzo può chiedere la sospensione della liquidazione  dei  beni  oggetto  della domanda, nell’attesa che il credito diventi esigibile ovvero che venga definitivamente accertato in contraddittorio con il debitore principale.

Share

La posizione nella procedura fallimentare dei titolari di diritti reali sui beni del terzo datore di ipoteca fallito.