Assicurazione per infortuni mortali: quale disciplina si applica? - Studio Legale Turci

Assicurazione per infortuni mortali: quale disciplina si applica?

La sentenza della Corte di Cassazione del 8 aprile 2021 n.3890 fornisce un importante chiarimento sull’esatta qualificazione giuridica dell’assicurazione contro gli infortuni mortali.

La vicenda trae origine da un incidente aereo, dove perde la vita un medico, il quale era assicurato in virtù di una polizza assicurativa infortuni per il caso di morte. L’erede, figlio del de cuius e beneficiario della polizza, ottiene dal Tribunale l’emissione del decreto ingiuntivo per il pagamento del massimale di polizza. L’opposizione al decreto formulata dalla compagnia assicurativa viene rigettata dal Giudice di primo grado e, invece, parzialmente accolta dalla Corte d’Appello. L’erede, quindi, propone ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’appello avrebbe erroneamente applicato al contratto di assicurazione contro gli infortuni mortali la disciplina propria del contratto di assicurazione contro i danni, avendo escluso la possibilità per l’erede di cumulare l’indennizzo incassato quale beneficiario della polizza con il risarcimento ottenuto per il danno conseguente al sinistro

La Suprema Corte, nell’esaminare il caso, rileva che la questione ha ricevuto soluzioni differenti sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza; in particolare, osserva che la stessa Cassazione, dopo un iniziale propensione all’inclusione del contratto di assicurazione contro gli infortuni mortali nell’ambito della fattispecie negoziale nel tipo dei contratti di “assicurazione sulla vita”, determinata soprattutto dalla considerazione della natura del “bene vita” compromesso dall’evento-rischio infortunio, è venuta, successivamente, da un lato, ad accentuare progressivamente l’elemento della funzione solidaristica dell’istituto, in quanto il capitale attribuito ai beneficiari-familiari interviene molto spesso a soccorrere alle loro esigenze e necessità di sostentamento, insorte a seguito dell’infortunio mortale del congiunto che costituiva l’unica fonte di reddito della famiglia; dall’altro, ad accostare la figura contrattuale in esame alla disciplina propria delle assicurazioni “contro i danni” ovvero anche a procedere “caso per caso” nell’individuazione delle norme relative alle due differenti tipologie negoziali di cui all’art. 1882 c.c. ritenute applicabili od invece escluse dalla regolamentazione dei rapporti assicurativi concernenti il “rischio-infortuni”.

La Suprema Corte, quindi, rileva che il contrasto giurisprudenziale concernente l’inquadramento dell’assicurazione contro gli infortuni “invalidanti e mortali” nell’ambito dell’assicurazione contro i danni o in quello dell’assicurazione sulla vita, ai fini dell’applicabilità o meno dell’art. 1910 c.c., è stato sanato dalle Sezioni Unite (Sez. Un 10 aprile 2002 n. 5119).

In tale occasione le Sezioni Unite, dopo varie valutazioni, sono giunte alla conclusione per la quale si deve distinguere, anche nell’ambito della medesima polizza, l’infortunio produttivo di “menomazione invalidante” della persona – il quale va ricondotto allo schema dell‘assicurazione contro i danni” – da quello produttivo di un ’”evento letale”, il quale va invece ricondotto alla disciplina tipica dell’assicurazione sulla vita.

La Suprema Corte rileva, ancora, che le conclusioni raggiunte dalle Sezioni Unite non vengono poste in discussione  dalla successiva disciplina speciale dettata dal d.lgs. n. 209/2005 ed, in particolare, dalla classificazione operata dei rami assicurativi riconducibili rispettivamente alle “assicurazioni sulla vita” (art. 2, comma 1) ed alle “assicurazioni contro i danni” (art. 2, comma 3), in quanto il d.lgs. n. 209/2005 ha chiaramente inteso recepire il discrimine, fondato sull’aspetto funzionale del contratto, tra le due differenti categorie di assicurazioni contro gli infortuni “mortali” ed “invalidanti”, non riproponendo espressamente tra i rischi assicurati dalle polizze del “ramo danni” anche il rischio di “morte a seguito di infortunio”.

La Corte di Cassazione quindi afferma, che il contratto di assicurazione contro gli infortuni mortali, a differenza del contratto di assicurazione contro gli infortuni non mortali, rientra nell’assicurazione sulla vita disciplinata dagli artt. 1919 e segg. c.c..  Questo comporta che ad esso non si applica il principio indennitario desumibile dal combinato disposto di cui agli artt. 1223, 1905, comma 1, 1909, comma 2, 1910, comma 3, e 1916, comma 1, c.c. e, pertanto, l’indennità si può cumulare con il risarcimento perché si è di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall’assicurato che sopporta l’onere dei premi mentre l’indennità, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diversa da quella risarcitoria ed è corrisposta per un interesse che non è quello di beneficiare il danneggiante.

Prof. Avv. Pierangelo Celle                                                                                                                         Dott.ssa Marta Peccerillo

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