Passeggero senza biglietto? La tutela del consumatore può essere comunque applicabile! - Studio Legale Turci

Passeggero senza biglietto? La tutela del consumatore può essere comunque applicabile!

La Corte di giustizia, con la sentenza del 7 novembre 2019 nelle cause riunite da C-349/18 a C-351/18, ha affrontato la questione se ai sensi del regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario, si debba ritenere che un passeggero che effettua un viaggio in treno senza aver acquistato un biglietto abbia, salendo a bordo del treno, instaurato un rapporto contrattuale con l’impresa ferroviaria.  Il punto è di estrema rilevanza, poiché da esso può discendere la possibilità di assoggettare tale fattispecie alla normativa di cui alla direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.

La vicenda nasce da una serie di cause intentate dalla Società nazionale delle ferrovie belghe (SNCB) contro alcuni passeggeri, i quali erano stati oggetto di constatazioni da cui emergeva che essi avevano effettuato viaggi in treno senza essere muniti di un titolo di trasporto, al fine di ottenere il pagamento, a seconda dei casi, della somma forfettaria di Euro 225  ovvero del prezzo del trasporto maggiorato in via forfettaria di Euro 200, per ciascuna constatazione.

Il Giudice adito osserva che nel diritto belga è stato assai discusso il fondamento giuridico delle condizioni generali di trasporto della SNCB, essendo dubbio se esse siano clausole puramente contrattuali oppure se siano qualificabili come regolamenti ai sensi del diritto amministrativo.  Analogamente, nel diritto belga, è dibattuta la natura del rapporto giuridico tra la SNCB e il passeggero: da una lato si sostiene che detto rapporto sarebbe sempre di natura contrattuale, anche qualora il passeggero non disponga di un titolo di trasporto valido, poiché il semplice fatto di entrare nella zona in cui occorre essere in possesso di un titolo di trasporto farebbe sorgere un contratto di trasporto per adesione; altre tesi invece argomenta che il rapporto sarebbe contrattuale solo qualora il passeggero abbia acquistato un titolo di trasporto, ma avrebbe natura regolamentare in assenza di un simile titolo, poiché in tal caso non vi sarebbe alcun accordo delle parti.

Alla luce di ciò, il Giudice adito si chiede in primo luogo se la disciplina dell’Unione europea in tema di tutela del consumatore contro le clausole abusive trovi applicazione nel caso di passeggero senza biglietto, dovendosi ritenere che in tale ipotesi sia sempre configurabile un rapporto giuridico contrattuale tra la società di trasporto e tale passeggero, o se comunque detta normativa trovi applicazione anche qualora il rapporto sia ritenuto avere in tali casi natura regolamentare.

In secondo luogo, nel caso trovi applicazione la normativa di tutela del consumatore, il Giudice si chiede se, laddove sia constatata la natura abusiva di alcune clausole delle condizioni generali di trasporto della SNCB, quali quelle che impongono penalità forfettarie per il mancato acquisto del titolo di viaggio, possano esistere circostanze in cui, una volta accertata la nullità della clausola, sia consentito al Giudice mitigare le conseguenze di tale nullità rivedendo il contenuto della clausola in questione alla luce del diritto comune.

La Corte di giustizia affronta la prima questione sottolineando come essa in pratica chieda se l’articolo 3, punto 8, del regolamento n. 1371/2007 (il quale stabilisce che per “contratto di trasporto” deve intendersi un contratto di trasporto, a titolo oneroso o gratuito, concluso tra un’impresa ferroviaria o un venditore di biglietti e un passeggero, per la fornitura di uno o più servizi di trasporto) debba essere interpretato nel senso che una fattispecie nella quale un passeggero sale a bordo di un treno al fine di effettuare un viaggio senza aver acquistato un biglietto rientra in tale nozione di contratto di trasporto.

Al riguardo, la Corte di giustizia osserva come, da un lato, lasciando l’operatore ferroviario libero accesso al treno e, dall’altro, salendo il passeggero a bordo dello stesso al fine di effettuare un viaggio, sia l’impresa ferroviaria sia il passeggero manifestano le loro volontà concordanti di instaurare un rapporto contrattuale, sicché le condizioni necessarie per stabilire l’esistenza di un contratto di trasporto sono, in linea di principio, soddisfatte.  Tale soluzione appare coerente sia con la lettera, sia con le finalità di tutela del passeggero sottese al regolamento n. 1371/2007.

Inoltre, con riferimento alla disciplina della Convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) richiamata nello stesso regolamento n. 1371/2007, la Corte di giustizia rileva che essa stabilisce come l’assenza, l’irregolarità o la perdita del titolo di trasporto non pregiudica né l’esistenza né la validità del contratto, nonché consente che le condizioni generali di trasporto impongano al viaggiatore che non presenta un titolo di trasporto valido di pagare una sovrattassa oltre al prezzo del trasporto.

Secondo la Corte di giustizia le condizioni generali di trasporto sono quindi parte integrante del contratto di trasporto tra l’impresa ferroviaria e il passeggero, per cui l’operatore che lascia libero accesso ai suoi treni e il passeggero che sale a bordo di un simile treno al fine di effettuare un viaggio devono essere considerati parti di un contratto di trasporto e le condizioni generali di trasporto predisposte dal vettore ferroviario devono essere considerate come incorporate in tale contratto e possono quindi essere opposte al passeggero in questione, pur in assenza di un titolo di viaggio.

Per quanto riguarda, invece, la seconda questione, la Corte di giustizia sottolinea preliminarmente che in base all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative non sono soggette alle disposizioni di quest’ultima. Secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’esclusione prevista da tale norma si estende alle disposizioni del diritto nazionale che si impongono alle parti contraenti indipendentemente dalla loro scelta e a quelle che sono applicabili in via suppletiva, vale a dire in assenza di un diverso accordo tra le parti in proposito, nonché alle clausole contrattuali che riproducono dette disposizioni (v., in tal senso, da ultimo ordinanza del 7 dicembre 2017, in causa C-446/17).  Spetta quindi al Giudice nazionale verificare se le condizioni generali di trasporto adottate dall’operatore ferroviario abbiano tale natura imperativa o se invece abbiano mera natura contrattuale, tenendo conto che, alla luce dell’obiettivo della direttiva 93/13, ossia la protezione dei consumatori contro le clausole abusive inserite nei contratti stipulati con questi ultimi dai professionisti, l’eccezione stabilita dall’articolo 1, paragrafo 2, della stessa direttiva deve essere interpretata restrittivamente (v., in tal senso, da ultimo la sentenza del 20 settembre 2018 in causa C-51/17).

Peraltro, nel caso in cui il Giudice nazionale ritenga, da un lato, applicabile la direttiva 93/13 stante la natura contrattuale delle condizioni generali di trasporto, e, dall’altro, l’abusività delle clausole che impongano penali forfettarie per il mancato acquisto del titolo di trasporto, esso è tenuto secondo la Corte di giustizia a disapplicare tale clausola abusiva, senza possibilità di mitigarne gli effetti: se il giudice nazionale potesse rivedere il contenuto delle clausole abusive contenute in un contratto, una facoltà del genere contribuirebbe a eliminare l’effetto dissuasivo esercitato sui professionisti dalla pura e semplice non applicazione nei confronti del consumatore di simili clausole abusive, dal momento che essi rimarrebbero tentati di utilizzare tali clausole, consapevoli che, quand’anche fossero invalidate, il contratto potrebbe nondimeno essere integrato, per quanto necessario, dal giudice nazionale, in modo tale, quindi, da garantire l’interesse dei medesimi professionisti.

La Corte di giustizia fa salvo il caso in cui il contratto di cui trattasi non possa sussistere in caso di soppressione della clausola abusiva e l’annullamento del contratto nel suo complesso esponga il consumatore a conseguenze particolarmente pregiudizievoli, ma osserva che ciò non sembra verificarsi nella fattispecie di cui ai procedimenti in questione, in quanto l’eventuale invalidazione della clausola penale per il mancato acquisto del titolo di viaggio non modifica l’assetto negoziale in modo tale da comportare l’annullamento del contratto nel suo complesso e non espone pertanto il consumatore a conseguenze particolarmente pregiudizievoli.

La Corte risponde quindi ai quesiti sollevati come segue:

1) L’articolo 3, punto 8, del regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario, deve essere interpretato nel senso che una fattispecie nella quale un passeggero sale a bordo di un treno liberamente accessibile al fine di effettuare un viaggio senza aver acquistato un biglietto rientra nella nozione di «contratto di trasporto», ai sensi della medesima disposizione.

2) L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che osta, da un lato, a che un giudice nazionale che constati il carattere abusivo di una clausola penale prevista in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore riduca l’importo della penale imposta da tale clausola a carico di detto consumatore e, dall’altro, a che un giudice nazionale sostituisca alla medesima clausola, in applicazione di principi del suo diritto contrattuale, una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva, salvo se il contratto di cui trattasi non possa sussistere in caso di soppressione della clausola abusiva e l’annullamento del contratto nel suo complesso esponga il consumatore a conseguenze particolarmente pregiudizievoli.

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