La Corte costituzionale interviene ancora in materia di tariffe di trasporto - Studio Legale Turci

La Corte costituzionale interviene ancora in materia di tariffe di trasporto

Con  sentenza n. 47/2018 del 2 marzo scorso, la Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale proposta dal Tribunale di Lucca ed ha affermato la conformità a Costituzione della disciplina transitoria dei costi minimi nel trasporto di merci su strada, applicabile (per effetto della sentenza della Corte di Giustizia del 4 settembre 2014 cause riunite C-184/3, C-187/13, C-194/13, C-195/13, C-208/13, API e della successiva abrogazione delle disposizioni in questione ad opera dell’art. 1, comma 248 della legge 23 dicembre 2014, n. 190) limitatamente al periodo compreso tra il 2008 e il 2011, ossia anteriormente .

Il rimettente, in particolare, dubitava della legittimità costituzionale  dell’art. 83-bis, commi 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10 e 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo vigente ratione temporis, il quale, nei contratti di trasporto stipulati in forma orale, stabiliva che il corrispettivo dovuto al vettore non potesse essere inferiore alla sommatoria dei costi di esercizio (costi generali e carburante) e, in caso di corrispettivi inferiori, attribuiva al vettore il diritto di richiedere al committente il pagamento della differenza entro 5 anni dal completamento della prestazione di trasporto.

Ad avviso del ricorrente, le suddette norme  avrebbero violato:

– l’art. 41 Cost., poiché avrebbero introdotto, con tale sistema tariffario, un’ingiustificata limitazione  della concorrenza e previsto una barriera all’accesso all’attività di trasporto per conto terzi;
– l’art. 3 Cost. laddove, non essendo applicabili anche ai trasporti internazionali ed al cabotaggio, le disposizioni censurate avrebbero determinato una “discriminazione a rovescio” degli autotrasportatori stabiliti in Italia, per i quali sarebbe applicabile il corrispettivo minimo inapplicabile ai trasporti eseguiti in regime di cabotaggio;

La Consulta, dopo aver richiamato la precedente pronuncia n. 386 del 1996 sulla legittimità delle tariffe a forcella, nonché le decisioni della Corte di Giustizia sullo stesso tema (la già citata sentenza API e l’ordinanza del 21 giugno 2016, caso C-121/16, Salumificio Murru) ha dichiarato entrambe le questioni infondate, affermando che:

A. i costi minimi determinati dal Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti rappresentano un limite al di sotto del quale potrebbero venire compromessi i livelli di sicurezza nella circolazione stradale da parte delle imprese di trasporto. Anche il sistema dei minimi tariffari costituisce, dunque, un mezzo indiretto per perseguire la sicurezza della circolazione stradale. Peraltro, atteso che la disciplina dei minimi tariffari si basa su costi incomprimibili ed essenziali e lascia alle parti un’adeguata autonomia negoziale, essa si traduce in una limitazione proporzionata e ragionevole della libertà d’iniziativa economica ed è pertanto compatibile coi principi costituzionali di cui all’art. 41 Cost.;

B. anche la questione relativa alla presunta illegittima distinzione di trattamento con il cabotaggio è infondata. Mentre infatti, il cabotaggio costituisce una prestazione occasionale soggetta a precisi limiti quantitativi e svolta da un’impresa non stabilita sul territorio nazionale, nell’ambito di un trasporto internazionale, la disciplina nazionale si rivolge alle attività di trasporto svolte in Italia e non può trovare applicazione per tali diverse categorie di trasporti. Pertanto non sussistono irragionevoli disparità di trattamento a danno degli operatori nel mercato nazionale né discriminazioni a rovescio degli autotrasportatori stabiliti in Italia.

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