La Cassazione chiarisce i presupposti per la risarcibilità del danno da ritardo nel trasporto aereo di persone. - Studio Legale Turci

La Cassazione chiarisce i presupposti per la risarcibilità del danno da ritardo nel trasporto aereo di persone.

Con la sentenza depositata il 9 aprile 2021 n. 9474 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul risarcimento del danno per ritardo prolungato del volo, nei casi in cui non si applica il Regolamento CE n.261/04, in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri per ritardo, negato imbarco o cancellazione del volo (sul quale vedasi “Ritardi e cancellazione di voli: la Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiarisce le regole a tutela dei passeggeri”).

La vicenda trae origine dalla domanda risarcitoria proposta nei confronti di una compagnia aerea extra-Unione europea da due passeggeri di un volo da Shangai per Mosca, i quali, a causa di un ritardo di parecchie ore, avevano perso la successiva coincidenza per la loro destinazione finale.

In primo grado la loro domanda era stata accolta e il Giudice aveva applicato il Regolamento CE n.261/04, riconoscendo la relativa indennità. Tale decisione, impugnata dalla compagnia aerea, era stata confermata in secondo grado con una motivazione differente, in quanto il secondo Giudice aveva dichiarato inapplicabile il Regolamento CE n.261/04, poiché il volo congiungeva due aeroporti situati in territorio extraeuropeo e il vettore non apparteneva all’UE. Il Giudice aveva quindi ritenuto applicabile la Convenzione di Varsavia del 1929, la quale ammette il diritto al risarcimento del danno in caso di ritardo, ma non prevede la possibilità di liquidare un indennizzo forfettario.  Il Giudice tuttavia riteneva di poter procedere lo stesso alla liquidazione dell’indennizzo, applicando per analogia le norme del citato Regolamento.

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione del Giudice di merito, innanzitutto chiarendo che la tutela introdotta degli articoli 5 e 7 del Regolamento CE, n. 261/04 ha natura eccezionale e, in ragione di ciò, trova applicazione solo nei casi previsti dall’articolo 3 del detto Regolamento, non essendo suscettibile di applicazione analogica.

Al di fuori di tale ambito trova spazio la disciplina generale, per cui se è vero che il ritardo del volo aereo determina, senza dubbio, la lesione di un interesse rilevante, tutelato da contratto, tuttavia questo non implica di per sé l’esistenza di un pregiudizio risarcibile.

Infatti, la Corte sottolinea come in caso di ritardo del volo, non si abbia un inadempimento, poiché la prestazione di trasporto viene effettivamente eseguita, ma piuttosto un inesatto adempimento, per cui la lesione dell’interesse tutelato dal contratto si concretizza nel differimento temporale dell’esecuzione della prestazione, rispetto a quanto legittimamente atteso dal creditore.

L’interesse del creditore al rispetto dell’orario programmato del volo non esibisce un intrinseco univoco valore suscettibile di essere posto direttamente ad oggetto e parametro della succedanea obbligazione risarcitoria: il tempo perduto (ossia quello intercorso tra il momento nel quale il creditore attendeva di essere già a destinazione e invece non lo è stato e il momento, successivo, in cui lo è stato) è secondo la Cassazione intrinsecamente un bene impalpabile in assenza di alcun riferimento a ciò che in quel segmento temporale il creditore avrebbe potuto fare e non ha fatto e/o a ciò che avrebbe potuto evitare di fare e che invece è stato costretto a fare.

Il danno risarcibile dunque non può, in tal caso, che identificarsi interamente con le utilità ed i vantaggi, estranei al vincolo obbligatorio, che siano andati eventualmente perduti in ragione del ritardo (lucro cessante) e/o con i maggiori esborsi eventualmente resisi necessari (danno emergente).

Ciò, però, colloca il danno risarcibile sul piano dei c.d. danni consequenziali o estrinseci (tali sono, secondo definizione dottrinale, quei “pregiudizi che sporgono rispetto al solo valore dell’interesse creditorio non realizzato, o realizzato in maniera inesatta”, distinti dal danno primario o intrinseco rappresentato dal mancato conseguimento o dal conseguimento inesatto dell’utilità contrattualmente dovuta ed attesa).

Fuoriuscendo tali ulteriori vantaggi e utilità perdute dal perimetro dell’obbligazione, è quindi onere del creditore farne specifica allegazione e darne dimostrazione, sia pure attraverso presunzioni, fondate su massime di comune esperienza. Solo una volta verificata l’esistenza di tali allegazioni e ritenutane la loro fondatezza, sia pure sulla base di ragionamento probatorio di tipo presuntivo, potrà farsi utile ricorso alla liquidazione equitativa del danno, nel rispetto dei requisiti sopra detti, mentre non può all’uopo invocarsi una applicazione analogica del Regolamento CE, n. 261/04.

Avv. Marco Turci                                                                                                                                                              Dott.ssa Marta Peccerillo

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